Il percorso botanico della Lama di San Nicola

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E’ lungo le pareti di gravine e lame  che la macchia mediterranea offre spesso il suo migliore spettacolo di colori ed essenze.

La vegetazione che si incontra è quella xerofila, caratteristica dei climi caldi con lunghi periodi di siccità; una vegetazione prevalentemente arbustiva con foglie sempreverdi, coriacee, oppure con la lamina ristretta, ridotta a spina, o provvista di pelosità per ridurre la traspirazione.

Tra le specie spontanee tipiche di questo territorio sono da ricordare il Carrubo, l’Olivastro ed il Pero mandorlino, quasi scomparse a causa della loro sostituzione, da parte dell’uomo, con altre coltivazioni. La coltivazione del carrubo è ormai desueta, ma il suo frutto a baccello legnoso viene ricordato dalle nostre nonne per le proprietà espettoranti del decotto. I semi, invece, noti con il nome di “carati”, venivano utilizzati un tempo per pesare gioielli ed oro, perchè il loro peso è invariabile e costante. L’olivastro o termite, invece, È stato sempre utilizzato come portainnesto per varietà più produttive di olio. Esso si differenzia, dalle varietà coltivate, per le foglie più piccole e tonde, i rami spinosi ed i piccoli amari frutti, contenenti poco olio. Del pero mandorlino, detto dialettalmente calaprice, i piccoli frutti ben maturi venivano utilizzati fino a pochi decenni fa a scopo alimentare. Oggi è prevalentemente utilizzato come portainnesto per pero e cotogno.

Tra le piante officinali che si trovano nella lama di San Nicola bisogna ricordare:

  • il Lentisco, la cui resina balsamica, che sgorga dalle incisioni praticate sul tronco, è usata in farmacopea come espettorante, come tonico e come astringente, mentre in alcuni settori tecnici come sostanza adesiva; in passato il suo olio veniva utilizzato per ardere nelle lampade o per la fabbricazione di saponi;
  • l’Alaterno: nella medicina popolare le foglie e i frutti erano considerati purgativi ed emetici; dai tronchetti si ricavava la carbonella per il riscaldamento domestico nei bracieri; con i rami verdi si intrecciavano panieri e canestri per uso agricolo, invece dalle foglie e dai fusti si otteneva una tintura giallo-arancio;
  • il Timo: conosciuto in forma dialettale come tumele, è una pianta il cui olio, ricco di timolo, ha un’azione fortemente battericida e parassiticida, e qualità stimolanti, antispasmodiche ed espettoranti che lo rendono particolarmente indicato contro la pertosse; le pomate al timolo servono contro il prurito cutaneo, eczemi e tumefazioni da reumatismo articolare; allo stato secco è usato in cucina per insaporire salse, arrosti e pesci;
  • il Ginepro rosso: dalla distillazione del legno si estrae uno speciale catrame, l’olio di Cade, usato in dermatologia per medicazioni esterne e come componente di alcuni shampoo; anche i frutti e le foglie sono utilizzate in farmacologia per le proprietà toniche sul sistema nervoso e sull’apparato digerente, antisettiche nelle vie respiratorie, urinarie e diuretiche;
  • la Ruta: pianta dalle qualità antireumatiche, antiemorragiche, sedative ed antispasmodiche , era considerata la pianta magica e medicinale per eccellenza, perchè secondo le credenze popolari scacciava i demoni, le vipere ed il malocchio, curava le convulsioni e raffreddava gli ardori sessuali.
  • il Pino d’Aleppo: le gemme si usavano negli sciroppi per la tosse; dalla resina del suo tronco si ricavava l’essenza di trementina, che costituiva il componente principale di pomate contro le mialgie, e questa essenza è usata anche a livello industriale per la preparazione di solventi e colori ad olio;
  • l’Asparago: dalle proprietà diuretiche ed antinfiammatorie, i suoi teneri germogli vengono raccolti e utilizzati in frittate e minestre;
  • la Coronilla o Dondolino, specie velenosa dalle proprietà diuretiche e cardiotoniche.

All’ambiente si sono adattate anche alcune piante perenni provviste di bulbi, tra le quali la Scilla marittima, pianta velenosa.

Tra le presenze floristiche di notevole interesse biogeografico ricordiamo l’Eliantemo jonico, cistacea presente curiosamente con i suoi piccoli e delicati fiori gialli solo nell’areale delle gravine joniche, presso il lago di Lesina e lungo la costa di Ravenna; ed ancora il Salvione giallo, una specie paleo-egeica meridionale transadriatica,  cioè di origine balcanica. Infatti nelle gravine e nei boschi pugliesi è possibile incontrare alcune specie animali (Geco di Kotschy, Colubro leopardino) e vegetali di origine balcanica, testimonianza della connessione esistita nel Miocene, milioni di anni fa, tra la Puglia e la Penisola Balcanica prima della formazione del mare Adriatico, quali appunto il Salvione giallo (phlomis fruticosa), il Fragno (quercus trojana Webb), la Campanula versicolor e l’Asyneuma limonifolium.

Altre essenze vegetali della lama di San Nicola sono il Garofano selvatico e la Stipa, erba a fili detta anche ‘capelli delle fate’.

Lungo le pareti rocciose troviamo un habitat ideale per:

  • il Polipodio, una specie di felce che ha proprietà purganti e vermifughe, mentre il suo rizoma è ottimo per le insufficienze epatiche;
  • l’Ombelico di Venere, conosciuta anche come ‘erba dei calli’ per la sua proprietà di estirpare i calli, veniva usata anche come diuretico;
  • il Cappero, diuretico, antiartritico, con proprietà astringenti e vasoprotettrici;
  • l’Ortica, dall’azione emostatica, diuretica e astringente;
  • l’ Edera, pianta velenosa, efficace contro nevriti, nevralgie, infiammazioni;
  • la Parietaria o Vetriola, detta anche ‘erv du vient’, con le cui foglie, strofinate all’interno delle palpebre, si curavano congiuntiviti e orzaioli; era usata negli impacchi per le distorsioni ed in infusi per bronchiti; nel Medioevo era considerata una pianta magica e per questo la sua raccolta con la mano sinistra doveva avvenire al primo quarto di luna, da una parete disposta a levante e poi lasciata a macerare in acqua tutta la notte all’aperto, mentre oggi è conosciuta soprattutto come causa scatenante di una fastidiosa allergia molto diffusa.

Altra pianta spontanea che si ritrova nei pressi della chiesa e a valle della gravina è il Liburno fetido, alberello molto importante nell’economia degli insediamenti rurali medioevali perchè il suo legno flessibile era estremamente adatto alla fabbricazione di archi. Si incontra anche il Leccio, della famiglia delle Querce (in Italia si contano 10 specie quercine, tutte presenti in Puglia, e di queste nel territorio mottolese ne troviamo almeno quattro: il leccio, la quercia spinosa, la roverella e il fragno). Il suo legno molto resistente è utilizzato per vari usi in ebanisteria ed un tempo era sfruttato per l’estrazione di tannino, prodotto utilizzato nelle concerie. Nella lama infine troviamo svariate essenze importate e coltivate, tra cui il Gelso, il Cotogno, il Nespolo, il Mandorlo, l’Arancio amaro, il Fico d’India ed il Fico.

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