Il primo documento in cui si parla di questo castello è una charta del 1525, rinvenuta nell’archivio dell’Abbazzia della SS. Trinità di Cava dei Tirreni. In questo documento si parla dei contrasti tra i monaci di Cava, all’epoca proprietari del vicino casale rupestre di Casalrotto, a Mottola, e il marchese Vincenzo Domini Roberti, che “controllava i suoi territori dal suo castello di Paliscianello”. In seguito, il castello passò ai marchesi De Ribera e ai conti Stella Caracciolo nel ‘600, per finire, negli anni ’30, alla famiglia Basile di Taranto e, negli anni ’80, al Comune di Palagianello. Esso divenne anche caserma dei polacchi in stanza a Palagianello durante la seconda guerra mondiale, e fu pure utilizzato come magazzino per la cernita delle foglie del tabacco, negli anni ’50 e ’60.
Costruito su due piani in pietra màzzara, esso è cinto, tutto intorno, da un toro marcapiano, che separa la parte del piano terreno, appena inclinata a scarpata, da quella superiore, a pareti verticali. Inoltre, alla sua sommità, è coronato da un cornicione continuo. Lungo i lati sud, est e ovest vi sono delle archibugiere, a indicare il carattere difensivo del maniero. A nord c’è un muro molto alto, in tufo, certamente realizzato successivamente alla costruzione del castello. Il castello attualmente presenta tutte le caratteristiche di un fortilizio cinquecentesco, per la presenza di una massiccia pianta quadrangolare, quattro torrioni angolari e un cortile centrale. L’ingresso originario era posto a ovest, e presentava un ponte levatoio e un fossato, che si intravede ancora sul lato ovest, e su parte del lato nord. Il ponte levatoio fu trasformato, probabilmente nell’800, in un ponte in muratura a due archi, quando il conte Antonio Stella Caracciolo volle chiudere tale ingresso per ricavarvi una chiesa, la Cappella della Vergine dei Sette Dolori, attualmente di proprietà della Confraternita dell’Addolorata. L’ingresso attuale, invece, è posto a sud, ed è sormontato dallo stemma della famiglia Stella Caracciolo di Sant’Eramo, raffigurante uno scudo in cui c’è il leone, simbolo della famiglia nobiliare, su cui vi è una corona.
Entrando, al piano terra, sul lato destro, vi erano le stalle e i magazzini, dove attualmente vi è l’ufficio turistico comunale. Di fronte, al centro, c’è il cortile centrale, lastricato in basolato calcareo, sotto il quale vi è una grande cisterna, di cui si intravedono i resti della vera del pozzo. A sinistra, l’ingresso originario, murato, lascia intravedere l’abside della Cappella della Vergine dei Sette Dolori, e su questo lato vi è pure una porta di servizio per accedere alla chiesa. Sempre a sinistra, una scalinata monumentale, sul cui ingresso è posto uno stemma nobiliare, probabilmente della famiglia De Ribera, porta al piano superiore.
Giunti al primo piano, sulla destra, si accede al salone di rappresentanza, dove si riuniva la nobiltà per feste e banchetti, attualmente utilizzato per svolgere attività culturali. Sul pavimento vi sono ancora due pezzi della pavimentazione originaria a “coccio pesto”. In alto, il salone è ornato da una serie di lunette a contorno della copertura. Sulla volta, a schifo, come nella maggior parte degli ambienti del primo piano, è dipinto lo stemma della famiglia Caracciolo Stella. Tra gli ambienti da segnalare al piano superiore vi è la cappella privata dei feudatari, in stile neoclassico, che presenta ancora parti della pavimentazione originaria realizzata con pregevoli mattonelle di maiolica laertina.
Il secondo piano si sviluppa solo sul lato ovest e qui vi è l’affaccio sulla gravina di Palagianello.